“…In quel momento realizzai con chiarezza che era mio figlio.
Sentii la sua presenza dentro di me.
Il suo sangue era terriccio fertile che scorreva nel mio, come se lui avesse fatto nascere me.
C’era una catena lunghissima a cui eravamo collegati, formata da anelli che uno dopo l’altro, a ritroso, si perdevano in secoli oscuri; lui si era agganciato a me, e la stava trascinando avanti.
Ebbi la consapevolezza della forza di questa creatura minuscola nelle mie vene, nel balzo verso il futuro che aveva fatto fare a questa lunga catena. Era un attrezzo allentato, in certi punti, arrugginito, ammaccato, ma che adesso, nella cima che contava, era completamente nuovo.
Tutta la fatica, i fallimenti, le disgrazie, l’estinzione dei Creonti e secoli di Cavina ormai sepolti avevano ora uno scopo.
Un chilo e mezzo scarso.
Niente di grande.
E dava un senso al nostro essere vissuti.”